Gianluca Insinna, 42 anni, vive e lavora a Palermo. Nel 2011 ha vinto GiArch, concorso nazionale 2011, progetti di giovani architetti italiani, Villa S_03.
Che cosa significa vivere questa professione a Palermo? In generale pensi che la Sicilia sia il posto giusto per il lavoro di un giovane architetto come te?
Palermo, a confronto con altre realtà siciliane, mi riferisco nello specifico all’area che abbraccia Catania, Siracusa e Ragusa, credo sia il luogo peggiore dove esercitare la libera professione per un giovane architetto.
L’architettura è, infatti, da sempre specchio della realtà socio-economica e culturale di un popolo. Oggi a Palermo prevalgono ancora logiche distorte, a favore dell’edilizia speculativa e a discapito dell’architettura di qualità e credo che le responsabilità di questa drammatica condizione attuale siano da attribuire parimenti alla collettività ed alla nostra stessa categoria. Ad ogni modo ci sarebbe da scrivere ancora moltissimo per rispondere in maniera esaustiva a questa domanda.
Qual è il progetto della tua carriera di cui sei, al momento, più soddisfatto?
A “tutti” e a “nessuno”. Dico “tutti” poiché non ne rinnego alcuno e quelli realizzati sono stati, nessuno escluso, portati a termine con totale dedizione e profonda passione. Dico “nessuno” poiché i miei progetti fanno parte di un percorso personale e credo che un progetto in corso d’opera deve essere più “consapevole” ed “emozionante” rispetto all’ultimo terminato.
In cosa è differente lo sguardo di un giovane architetto da quello dei suoi maestri?
Non saprei rispondere. Forse i “maestri” volgevano il loro sguardo a “tutta l’architettura” confrontandosi e imparando di continuo da questa. Noi “giovani” a volte probabilmente ci limitiamo ad indagare e a specchiarci erroneamente solo con progetti di recente realizzazione.
Hai un modello a cui fai riferimento? Ci indichi un architetto non più in vita e uno ancora in vita che ti piacciono particolarmente e perché?
Non ho una classifica, nè una predilezione assoluta per un solo architetto in vita o meno. Trovo limitativo un atteggiamento simile. Sono diverse le figure che stimo, sia per un singolo edificio che per un’intera esistenza dedicata all’architettura. In verità mi sento vicino a tutto ciò che mi possa insegnare e di cui possa fare tesoro per il mio mestiere. Tengo aperti gli occhi su tutto ciò che mi circonda e spesso provo stupore e apprendo da ciò che non è apparentemente architettura.
Quanto è importante l’attenzione per la cura dell’ambiente nel tuo lavoro di progettazione?
Se per ambiente intendiamo ciò che madre natura ci ha donato, è proprio da lì che inizio. Studio e tratto con rispetto ciò che c’era prima di me, facendomi guidare e lasciandomi suggerire da quel “genius loci” che ogni ambiente possiede in sè. A volte penso che non dovrei costruire nulla o ridurre al minimo il mio intervento. Credo che dovremmo avere la forza ed il coraggio di riconoscere i nostri “errori costruiti” e buttarli giù. Guardo Palermo e confesso che vorrei liberare questa città demolendo interi quartieri che l’hanno deturpata profondamente.
E come si sposa l’attenzione per l’ambiente con l’innovazione nei tuoi progetti?
Gli edifici tutti consumano energia. Dobbiamo portare gli edifici ad un consumo energetico sostenibile, ma non mi riferisco solo a quelli che verranno, ma in particolar modo a quelli che già ci sono ed hanno, per come furono pensati e costruiti, dei consumi energetici spropositati ed irragionevoli. Forse l’unica soluzione per questi ultimi sarebbe demolirli e ricostruirli. In Sicilia abbiamo sole e vento in abbondanza ed è su queste risorse che dobbiamo puntare nell’ambito dei consumi energetici.
Quali sono i materiali “tradizionali” che secondo te hanno più potenzialità guardando al futuro dell’architettura, mi riferisco all’ambito del benessere abitativo e della salubrità degli ambienti in
genere?
Ce ne sono diversi, ma non voglio fare elenchi, su tutti ne scelgo uno. Essendo un grande appassionato di musica, quando avevo 19 anni feci pratica presso una bottega di un liutaio ed ebanista. Fu un’esperienza unica. Una sua frase mi rimane tutt’ora impressa: “ricorda Gianluca, non esiste al mondo un materiale migliore del legno”. A distanza di circa vent’anni sono sempre più convinto che il legno sia il materiale architettonico ed universale per eccellenza e quello in cui l’essere umano ritrova maggiormente se stesso ed il proprio senso dell’abitare.
In fase di creazione/progettazione per te c’è una dicotomia tra estetica e funzionalità, o le cose camminano di pari passo?
L’una abbraccia l’altra. Nel processo creativo non credo che l’intelligenza umana abbia una regola assoluta, ovvero che estetica/bellezza venga prima di funzionalità/praticità e viceversa. Credo, invece, che a prescindere di chi prima o dopo o se di pari passo, la cosa fondamentale sia che si abbraccino e si fondano sempre l’un l’altra in ciò che io amo chiamare architettura.
Quanto credi sia utile la collaborazione tra progettista e aziende produttrici nell’ambito dell’ottimizzazione dei materiali adatti a realizzare nuove costruzioni o ristrutturazioni di immobili a latitudini “critiche” come quelle siciliane?
Chiaramente presiosa per entrambi i soggetti, ma sono poche le realtà aziendali che credono e puntano sulle capacità professionali dei progettisti. Basta guardare in tal senso al divario temporale e culturale che intercorre oggi tra Nord e Sud.
Foto credit: Fabio Gambina
…complimenti….sempre, in ogni tempo…….bello lui e le sue creazioni
…Architetto, dentro, fuori e dintorni…desidera, quindi progetta, plasma il pieno e il vuoto di spazi di vita, di luoghi degli ‘eventi’…complessità fatte di elementi semplici, quindi essenzialmente architettura…con sincera stima..