Giorgio Cassia, 42 anni, vive e lavora a Siracusa presso l’atelier Plancia, del quale è titolare insieme a Rosalba Italia. Ha studiato e si è formato allo IUAV di Venezia dove ha conseguito la laurea nel 2003. Ha lavorato presso lo studio Venturini architetti associati di Venezia e nel 2005 è approdato nello studio Fuksas di Roma. Nel 2010 ha fondato a Siracusa l’atelier Plancia, piattaforma d’indagine interdisciplinare sulle arti figurative e l’architettura che unisce teoria architettonica, ricerca e sperimentazione. L’attività professionale, sostenuta dal rapporto con committenze pubbliche e private, comprende tutte le fasi della progettazione alla scala architettonica ed urbana.
Che cosa significa vivere questa professione a Siracusa? In generale pensi che la Sicilia sia il posto giusto per il lavoro di un giovane architetto come te?
L’Italia tutta non è un buon posto dove svolgere la professione di architetto con qualche aggravante in più in Sicilia e nel mio caso specifico a Siracusa. Ciò è dovuto a cause culturali che investono sia la committenza privata che pubblica, ma anche la nostra categoria. Nonostante ciò, credo che agire a Siracusa può rappresentare un’opportunità solo se s’intende la città come una piattaforma di confronto, con le istituzioni e la cittadinanza, per riaffermare il ruolo sociale dell’architetto.
Qual è il progetto della tua carriera di cui sei, al momento, più soddisfatto?
Sono soddisfatto di tutti progetti svolti, anche se una volta portati a termine rivederli mi pone in una posizione molto critica con le scelte adottate. La coscienza acquisita sul progetto mette in luce questioni che avrei potuto approfondire ulteriormente e soluzioni diverse che avrei potuto adottare. Il progetto del quale sarò maggiormente soddisfatto sarà sempre il prossimo.
In cosa è differente lo sguardo di un giovane architetto da quello dei suoi maestri?
Nell’esperienza! Un maestro ha la capacità di mettere a fuoco velocemente le questioni cruciali di un progetto e far scaturire un’idea per la loro soluzione.
Hai un modello a cui fai riferimento? Ci indichi un architetto non più in vita e uno ancora in vita che ti piacciono particolarmente e perché?
La complessità della realtà architettonica contemporanea non permette più di avere un unico modello di riferimento. Tra i diversi, ma non gli unici, modelli cui faccio riferimento cito la capacità espressiva di Alvar Aalto, la capacità visionaria degli Archigram e di tutti i radicali e per finire la capacità di Rem Koolhaas di restituire nuova vita agli “ismi” del 900.
Quanto è importante l’attenzione per la cura dell’ambiente nel tuo lavoro di progettazione?
Direi fondamentale.
E come si sposa l’attenzione per l’ambiente con l’innovazione nei tuoi progetti?
Pensare all’architettura vuol dire “ascoltare” il luogo e rispettare le risorse contenute in esso. Il progetto necessita di un continuo impegno teso a ridurre al minimo, fino a farli scomparire, gli effetti fortemente impattanti dell’atto del costruire.
Quali sono i materiali “tradizionali” che secondo te hanno più potenzialità guardando al futuro dell’architettura, mi riferisco all’ambito del benessere abitativo e della salubrità degli ambienti in genere?
Lo standard di ricerca che le aziende produttrici adottano fa sì che non si possa parlare più di materiale tradizionale in senso stretto, poiché il prodotto concepito presenta caratteristiche prestazionali molto elevate. La qualità di uno spazio abitativo è data da una buona progettazione che tenga conto di queste rinnovate peculiarità dei materiali in rispondenza al contesto in cui si agisce.
In fase di creazione/progettazione per te c’è una dicotomia tra estetica e funzionalità, o le cose camminano di pari passo?
Penso al progetto come prodotto armonico tra le due componenti, venustas ed utilitas, in modo che l’una non prevarichi sull’altra, ma procedano di pari passo.
Quanto credi sia utile la collaborazione tra progettista e aziende produttrici nell’ambito dell’ottimizzazione dei materiali adatti a realizzare nuove costruzioni o ristrutturazioni di immobili a latitudini “critiche” come quelle siciliane?
Il nostro lavoro necessita di un costante confronto soprattutto con le aziende produttrici cui spetta la missione di migliorare le peculiarità dei materiali in rispondenza a condizioni climatiche ambientali sempre più estreme. Credo sia utile unire intelligenze e saperi diversi e far confluire ricerca, idee ed innovazione per soddisfare le richieste della collettività.