Giuseppe Gurrieri, ragusano, 36 anni, si laurea in architettura nel 2004 presso il Politecnico di Milano. Nel 2001, durante il corso di studi, prende parte al programma Erasmus in Svezia presso la facoltà di Architettura della KTH di Stoccolma. Lo stesso anno partecipa alla competizione internazionale “Living in the Fast Line” indetta dal Ministero dei Lavori Pubblici di Rotterdam ottenendo il premio “Honourable Mention”. Dopo la laurea collabora con lo studio dell’arch. Daniele Corsaro in Puglia alla progettazione di ville unifamiliari e alla riqualificazione di architetture rurali. Nel 2006 ritorna a Ragusa scegliendo di investire sulle potenzialità del territorio siciliano; dopo aver collaborato per due anni con lo studio di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo a Vittoria, nel 2009 decide di esercitare la libera professione aprendo il proprio studio a Ragusa. Per l’anno accademico 2009-2010 e 2010-2011 è invitato dalla facoltà di architettura dell’università KTH di Stoccolma a tenere, in Sicilia, il corso di progettazione architettonica del quarto anno insieme al prof. Ori Merom e al prof. Robert Petren. Nel 2012, nell’ambito della manifestazione Architects Meet in Selinunte, viene selezionato dall’ Associazione Italiana di Architettura e Critica tra i migliori architetti siciliani under 40. Nell’ottobre dello stesso anno partecipa, insieme all’ Arch. Valentina Giampiccolo, al concorso internazionale “SAIE SELECTION” organizzato da BolognaFiere e Archi-Europe ottenendo il terzo premio nella categoria “housing requalification”. Nel Dicembre del 2012, in occasione della manifestazione “Architettura Oggi!”, è premiato insieme all’ Arch. Nunzio Gabriele Sciveres con il primo premio nella categoria “nuove edificazioni”. Nel giugno del 2013 è nuovamente invitato dall’AIAC a partecipare al meeting Architects meet in Selinunte per concorrere al premio giovani studi siciliani – un’idea di architettura.
Cosa significa vivere questa professione a Ragusa? In generale pensi che la Sicilia sia il posto giusto per il lavoro di un giovane architetto come te?
Fare architettura non è mai stata cosa facile in Italia e particolarmente in una provincia del sud della Sicilia, trinacria del mito, dell’arte, della storia e della bellezza ma contemporaneamente una delle peggiori regioni nella valorizzazione del proprio potenziale, dove l’architetto è spesso visto come attore secondario dei processi costruttivi che modificano il territorio.
Oggi tale situazione è aggravata dalla crisi economica e dalle difficoltà delle procedure politico-burocratiche. Fare architettura per i più giovani è diventato sempre più difficile, così molti miei colleghi siciliani oggi emigrano all’estero.
Io vivo a Ragusa, lavoro sia in Sicilia che in Puglia e posso dire di fare architettura, forse perché non sono poi tanto giovane (infatti in Italia se sei un architetto e non hai ancora compiuto 40 anni sei considerato un “giovane architetto”) e quindi appartengo ad una generazione più fortunata (o forse meglio dire meno “sfigata”).
Credo quindi che la marginalità geografica non limiti le espressioni di buona architettura contemporanea ma che, al contrario, vivere in una città più piccola significhi avere meno distrazioni e più capacità di concentrarsi sul proprio lavoro.
Qual è il progetto della tua carriera di cui sei, al momento, più soddisfatto?
Nonostante il mio studio si occupi sia di interventi di nuova edificazione che di recupero dell’esistente, non nascondo che preferisco questi ultimi perché, nonostante le innumerevoli difficoltà burocratiche e tecnico-economiche, mi affascina lavorare e contribuire al risanamento dei centri storici e alla riconversione delle periferie.
Un progetto a cui sono particolarmente legato riguarda un intervento di recupero di un edificio del centro storico di Ragusa a cui lavoro da circa tre anni in collaborazione con l’architetto Valentina Giampiccolo.
L’intervento è basato sullo svuotamento di una porzione dell’edificio e induce a riflettere sulla sottrazione come modalità e strategia di trasformazione dell’esistente.
Un committente “illuminato” ha accettato, nonostante un’inevitabile perdita (anche in senso strettamente economico) di volume e superfici, di rinunciare ad alcune stanze della propria casa per realizzare una nuova corte interna. Tale operazione ha permesso di riorganizzare gli spazi con conseguente migliore fruizione degli ambienti.
In cosa è differente lo sguardo di un giovane architetto da quello dei suoi maestri?
Oggi i nuovi sistemi di informazione multimediale hanno incrementato il coefficiente di interdisciplinarietà proprio dell’architetto che interagisce in maniera più semplice e diretta con altre discipline come il design, la grafica e l’arte.
Inoltre credo che i giovani architetti, rispetto ai più maturi, a causa delle odierne difficoltà ad accedere al mondo del lavoro, abbiano sviluppato la capacità di reinventarsi e per questo motivo molti laureati in architettura diventano grafici, designer o creativi in generale.
Navigando sulla rete si può venire a conoscenza di innovative metodologie costruttive, impiantistiche e di nuovi materiali anche se questo significa per l’architetto doversi tenere aggiornato in un sistema che si evolve sempre più velocemente.
Inoltre, grazie alle moderne tecnologie informatiche e ai collegamenti delle compagnie aeree low cost, oggi nascono collaborazioni a distanza e partecipazioni a concorsi nazionali ed internazionali una volta impensabili.
Hai un modello a cui fai riferimento? Ci indichi un architetto non più in vita e uno ancora in vita che ti piacciono particolarmente e perché?
Non ho un modello di riferimento, ma non posso nascondere che la mia “gavetta” all’interno dello studio di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, oggi tra i più importanti architetti italiani, sia stata un’esperienza fondamentale per la mia formazione. La Grasso Cannizzo, progettista di talento e persona aperta al mondo contemporaneo, produce piccole opere di straordinaria intensità a testimonianza del fatto che fare architettura non dipende dalla quantità di metri cubi che si realizzano.
Quanto è importante l’attenzione per la cura dell’ambiente nel tuo lavoro di progettazione?
Tutti i miei lavori sono frutto di un’attenta analisi del contesto in cui si trovano: l’ambiente urbano, il paesaggio, la posizione geografica, l’esposizione e la morfologia del suolo che unite alla cultura, ai materiali e alle metodologie costruttive dei luoghi forniscono i dati e gli ingredienti fondamentali per la stesura del progetto.
E come si sposa l’attenzione per l’ambiente con l’innovazione nei tuoi progetti?
Credo che innovazione ed attenzione per l’ambiente non siano concetti opposti e cerco di utilizzare materiali e metodologie costruttive che, sempre in riferimento alla disponibilità economica della committenza, diano il più alto grado di qualità architettonica tutelando contemporaneamente il benessere abitativo.
Quali sono i materiali “tradizionali” che secondo te hanno più potenzialità guardando al futuro dell’architettura, mi riferisco all’ambito del benessere abitativo e della salubrità degli ambienti in genere?
La mia recente esperienza lavorativa in Puglia dove, rispetto alla Sicilia, si continua a costruire in pietra mi ha fatto ripensare molto alle potenzialità del più tradizionale dei materiali.
Durabilità, coefficiente di isolamento termico e conseguente risparmio energetico (specie nella fase di raffreddamento degli ambienti interni durante i mesi estivi), traspirabilità e capacità di rendere salubre l’ambiente sono caratteristiche fondamentali di un materiale che può combinare il linguaggio materico e formale della tradizione con la più alta espressione di architettura contemporanea.
In fase di creazione/progettazione per te c’è una dicotomia tra estetica e funzionalità, o le cose camminano di pari passo?
In fase di progettazione non considero gli aspetti formali ma ragiono sulle strategie di intervento che possano offrire soluzioni concrete ed efficienti a soddisfare le esigenze della committenza rispettando contemporaneamente la composizione architettonica.
Credo che l’estetica sia eventualmente una conseguenza di un processo creativo riuscito.
Quanto credi sia utile la collaborazione tra progettista e aziende produttrici nell’ambito dell’ottimizzazione dei materiali adatti a realizzare nuove costruzioni o ristrutturazioni di immobili a latitudini “critiche” come quelle siciliane?
Credo che una giusta sinergia tra aziende produttrici e progettista permetterebbe di standardizzare prodotti utili all’edilizia con conseguente abbattimento dei prezzi senza però andare a danneggiare l’artigianato locale (che in Sicilia, rispetto al resto d’Italia, fortunatamente è ancora ottimo).
L’obiettivo è quello di creare una squadra dove azienda produttrice, artigiano e progettista collaborano al fine di tenere alta la qualità dell’intervento sia se si parla di nuova edificazione che di interventi sul costruito.