Le tasse aggravano la crisi del settore edile

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L’aumento delle tasse sulla casa aggrava la crisi del settore edile e frena gli investimenti per la rigenerazione del territorio e del settore. È quanto è stato sostenuto durante la presentazione della ricerca di Assimpredil Ance sull’incidenza della fiscalità sul processo di trasformazione immobiliare, il 17 novembre a Milano.

“L’imposizione patrimoniale immobiliare ha rappresentato, soprattutto negli ultimi anni, la risposta più facile ai bisogni di cassa dello Stato, lo strumento principale per consolidare le finanze pubbliche in affanno. – ha sostenuto Claudio De Albertis, Presidente di Assimpredil Ance – Siamo passati dai 9 miliardi di euro del 2011 ai quasi 25 di quest’anno, colpendo fortemente un settore già in crisi da alcuni anni. Si potrebbe dire che il prelievo immobiliare sia una vera patrimoniale, utile per compensare i tagli statali alle finanze degli enti locali”.

La ricerca ha esaminato un caso specifico: a fronte di un investimento di 22.500.000 euro, lo Stato arriva a incassare oltre 7,2 milioni di euro senza rischio, a fronte di un guadagno per l’imprenditore di 4,3 milioni; di contro, se non si vendesse alcun appartamento, per lo Stato ci sarebbe comunque un gettito di 2,8 milioni di euro, con zero utili per chi ha fatto l’investimento.

L’incidenza elevata della tassazione è tanto più iniqua se si tiene presente la considerevole esposizione economica e finanziaria richiesta alle imprese fin dalla fase di avvio del cantiere, a fronte di un risultato che arriva solo dopo diversi anni. Inoltre, un operatore deve pagare sull’area edificabile nel corso della costruzione, l’IMU e, oggi, almeno per il Comune di Milano, anche la TASI.

Nel caso preso in esame, per un’area di valore pari a 9 milioni di euro, l’importo complessivo di IMU+TASI dovuto per quest’anno al Comune sarebbe pari a 102.600 €. Importo dovuto per tutti gli anni della costruzione.

“Bisogna constatare che – ha continuato De Albertis – la Casa è finita nel mirino del Fisco in quanto il patrimonio immobiliare sfugge con maggiore difficoltà ai controlli fiscali rispetto alla rendita finanziaria, e perché rappresenta la voce più importante della ricchezza delle famiglie italiane: in Italia, a fronte di un sostenuto debito pubblico, esiste un consolidato risparmio privato rappresentato come voce prevalente dal patrimonio immobiliare.

Questo investimento viene ad essere tassato annualmente, non tanto sulla rendita che produce, ma per il suo valore. Così, in questi pochi anni, il possesso immobiliare ha cambiato natura: fino a ieri un elemento di sicurezza, oggi una sicura fonte di uscite. I proprietari di casa si vedono oggi costretti a pagare al fisco una somma che riduce i loro bilanci familiari, perché la tassazione patrimoniale sul valore degli immobili prescinde dalla situazione reddituale e personale del contribuente. E questa perdita di ricchezza colpisce la propensione al consumo degli Italiani.

È urgente quindi ripensare il sistema di tassazione immobiliare e attuare una politica di rilancio dei consumi. Così il settore delle costruzioni, che ha sempre generato sviluppo e occupazione, potrà tornare a crescere, riprendendo a investire nella rigenerazione del territorio e nel recupero delle aree dismesse. Oggi, con questi livelli di tassazione, è praticamente impossibile attivare quegli investimenti che servirebbero per il rilancio delle città”.

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