Archeologia industriale a Lipari, il caso delle cave di pomice

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Interno di un opificio abbandonato
Foto di Peter H da Pixabay

Le storiche cave di pomice di Lipari sono state oggetto dell’Aeolian Islands Summer School 2025, che Tradimalt ha supportato come sponsor direttamente sul campo

L’Aeolian Islands Summer School è l’evento di formazione per giovani professionisti organizzato dall’Università e dall’Ordine degli Ingegneri di Catania. In quanto iniziativa di alto livello, che quest’anno ha coinvolto anche docenti provenienti da altri Atenei italiani, la nostra azienda l’ha già sostenuta nel 2022 e nel 2024.

Quest’ultima edizione ha eletto come tema centrale “L’archeologia industriale nell’epoca della transizione. Il caso studio delle cave di pomici PUMEX di Lipari”. Durante il workshop, che si è svolto dal 24 al 28 settembre, docenti e giovani talenti dell’ingegneria hanno elaborato un piano di massima per la rifunzionalizzazione degli opifici dismessi.

Il paesaggio industriale abbandonato dell’isola di Lipari si estende per oltre 70 ettari. Negli ultimi anni, diversi soggetti culturali e istituzionali si sono appellati per trasformare le cave inutilizzate in luoghi identitari, da riqualificare come musei della pomice e parchi geominerari.

In questo senso, le cave di pomice non sono solo oggetto di studio, ma un vero “laboratorio vivente” dove confrontarsi con problemi reali: fruibilità, sicurezza, sostenibilità ambientale e marketing culturale.

Le cave di pomice di Lipari: una storia industriale in bilico

L’attività estrattiva della pomice bianca a Lipari è molto antica: i primi documenti risalgono addirittura al V millennio a.C. e testimoniano il ruolo centrale di questa risorsa nell’economia dell’isola.

Mescolata ad altri materiali, come il tufo, la pomice permetteva di alleggerire il peso delle strutture. Secondo alcune fonti, fu utilizzata persino nella realizzazione del tetto del Pantheon a Roma.

Nel 1276 il re Carlo d’Angiò autorizzò l’esportazione della pomice di Lipari, che in poco tempo conquistò l’Europa. Le stime di cavazione dell’epoca si aggirano intorno alle 100-200 tonnellate annue.

Lo sfruttamento industriale vero e proprio prese avvio nel corso dell’Ottocento e proseguì nel secolo successivo. La pomice veniva impiegata in diversi settori: dall’edilizia, come materiale alleggerente o componente di conglomerati, all’industria abrasiva e al filtraggio, fino a usi più tecnici per membrature isolanti e supporti.

Con il tempo, tuttavia, il settore attraversò diverse fasi di crisi. Nel periodo tra le due guerre mondiali, con gli sviluppi della medicina moderna, vennero riconosciuti i primi casi di silicosi che colpivano gli operai delle cave, costretti a lavorare in condizioni difficili.

Inoltre, la crescente concorrenza tra le società di estrazione rischiò di paralizzare il comparto. In questo contesto fu una svolta la nascita della Pumex nel 1958, storica società che in pochi anni riuscì a inglobare e acquisire la quasi totalità dei lotti pomiciferi di Lipari, rilanciando l’attività. Tuttavia, la produzione cessò definitivamente nel 2007 e le ragioni di questa chiusura restano ancora poco chiare.

Il risultato oggi è che vaste aree del Monte Pilato (la montagna che ospitava i principali giacimenti di pomice) mostrano profonde ferite paesaggistiche: cave a cielo aperto, pareti perforate, infrastrutture dismesse visibili anche dal mare. Il giornalismo recente ha definito queste aree come “una ferita clamorosa” nell’isola.

Il progetto dell’Aeolian Islands Summer School

Le cave di pomice di Lipari rappresentano un patrimonio di grande significato storico, industriale e paesaggistico per l’arcipelago eoliano. Negli anni più recenti, la Regione Siciliana ha avviato progetti per l’acquisizione delle aree e la creazione di nuovi spazi culturali e turistici finalizzati alla conservazione, alla tutela e alla valorizzazione del sito.

Al momento, tuttavia, lo sviluppo di questi progetti risulta fermo e le cave attendono interventi concreti che ne rilancino l’attività in chiave sostenibile, coinvolgendo il territorio e le comunità locali.

Il gruppo di lavoro dell'Aeolian Islands Summer School 2025

Proprio per questo è stata fondamentale l’edizione 2025 della Aeolian Islands Summer School. L’evento, giunto alla sua quinta edizione, ha contribuito a formare nuove professionalità capaci di affrontare le complesse sfide della rigenerazione territoriale, entrando nel merito delle più recenti riflessioni sull’archeologia industriale e sul turismo culturale.

Il valore dell’AISS risiede anche nella sua capacità di far dialogare l’esperienza sul campo con le metodologie progettuali. Fondamentale quest’anno è stato l’approccio all’interdisciplinarietà. Guidati da ricercatori e docenti, tra cui l’Ing. Vito Valotta Responsabile della linea Rinforzo Strutturale Tradimalt, i partecipanti si sono confrontati su diversi ambiti come composizione architettonica, idraulica, scienze delle costruzioni e gestione dell’ambiente costruito.

Partecipare a un’iniziativa come la Summer School significa sostenere la crescita dei giovani professionisti e contribuire al rilancio culturale e produttivo della nostra terra. Due aspetti del nostro lavoro ai quali, come sa chi ci conosce già, siamo da sempre profondamente legati.

Fonti:

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