Mirko Giardino

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Mirko Giardino, 46 anni, vive e lavora a Pescara, città dove ha anche conseguito la laurea presso Facoltà di Architettura “G. D’Annunzio”. Nel 1995 ha partecipato ad un workshop presso la Facoltà di Architettura di Waterloo, in Canada e nel 1999 ad un workshop presso la Facoltà di Architettura di Lione, in Francia. Dopo gli studi ha collaborato con il Prof. Francesco Garofalo, come cultore della materia, alle attività didattiche dei corsi di composizione architettornica tenuti presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Chieti-Pescara.
Nel 2006 ha costituito, con Mario Michetti e Giovanna Pizzella, lo Studio Zero85 architetti associati.

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La sua carriera e quella dello Studio Zero85 architetti associati è ricca di premi e riconoscimenti:
Nel 2007 – Concorso di progettazione per la realizzazione del Parco della Memoria a San Giuliano di Puglia (CB) Progetto segnalato;
Nel 2007 – Concorso internazionale EUROPAN 9. Urbanità’Europea, Città sostenibile e innovazione degli spazi pubblici 2° premio – Progetto segnalato;
Nel 2008 – Concorso internazionale di progettazione in due gradi “Meno è più 6” – Servizi e spazi pubblici in Roma nel programma di trasformazione urbanistica – Via delle Vigne. Progetto menzionato;
Nel 2012 – Premio Architettura dell’Adriatico 2013. Selezionati con il progetto “Trabocco” a Pescara;
Nel 2012 – Concorso ad inviti per l’ampliamento della sede in Val di Sangro della Valagro. Progetto selezionato per la seconda fase;
Nel 2014 – Selezionati tra i 50 progettisti, di 26 paesi diversi, al “Award-Winning International Brick Architecture 2014” con il progetto “Casa-studio di artista”.
Nel 2014 – Partecipano con il loro progetto “Trabocco” alla esposizione a cura di Cino Zucchi “Innesti/Grafting” alla Biennale di Architettura di Venezia 2014;
Nel 2014 – “Special Mention” per il “Fritz-Höger-Preises 2014” con il progetto “Casa-studio di artista”(unici progettisti italiani a vincere questo premio nelle tre edizioni del premio triennale per le architetture in laterizio) che si è tenuto presso l’Architektum Zentrum di Berlino.
Nel 2015 – Progetto Vincitore del “Premio Architettura dell’Adriadico 2014” con il progetto “Casa-studio di artista”.

Dal 2014 è, inoltre, impegnato nella fondazione dell’InArch Abruzzo Molise.

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Cosa significa vivere questa professione a Pescara? Pensi in generale che l’Abruzzo sia il posto giusto per il lavoro di un giovane architetto come te?
Io amo l’Abruzzo. Questa è una regione dalle mille anime, tutte intrise di storie umane che ne hanno definito i paesaggi. Territori fisici che diventano paesaggio grazie ai segni indelebili delle storie vissute dagli uomini in questi luoghi. Storie che lasciano tracce di cultura dell’abitare. Indagando queste storie, questi riferimenti estetici etnoantropici, miriamo a raggiungere, attraverso un’operazione di decodifica, un linguaggio architettonico contemporaneo. La genealogia del paesaggio (genius loci) è un motore per l’ispirazione progettuale. Questa terra ci ha insegnato ad essere attenti osservatori, facendoci sviluppare un metodo di approccio progettuale “sdoganabile” per qualsiasi luogo del mondo.

Hai un modello a cui fai riferimento? Ci indichi un architetto non più in vita e uno ancora in vita che ti piacciono particolarmente e perché?
Certamente nutro molta ammirazione per alcuni maestri dell’architettura mondiale e, quindi mi vengono in mente molti nomi, appartenenti a periodi differenti della storia. Dovendo stare alla regola di individuare un solo nome, tra i viventi direi Peter Zumthor per la sua riconosciuta capacità di dare vita alla materia. Ammiro la sua attenzione nel conferire agli ambienti un’anima forte, un carattere certo, esatto. Ciò che ammiro in Zumthor è il suo approccio al progetto. Un atteggiamento di rinuncia rispetto ad un protagonismo rappresentato dall’esigenza di stupire con la forma, piuttosto mi sembra concentri la sua attenzione affinché la sua architettura venga “accolta” dal paesaggio. Tra gli architetti non più in vita il compito è più complesso. Ho sempre molto apprezzato l’opera di Carlo Mollino, perché ha rappresentato, in ogni suo interesse, un intellettuale poliedrico non convenzionale. In questo caso potrei parlare più di invidia che non di ispirazione. Riusciva in tutti i suoi interessi (perché non ha mai fatto nulla per “lavoro”) ad essere colto, geniale, innovativo. I suoi disegni sono guizzanti come il suo spirito, le sue foto ammiccanti come i suoi soggetti, le sue architetture sempre un po’ più che giuste, quasi “ruffiane”.

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Che momento vive l’Architettura in Italia?
Pur nella “rarità” delle occasioni professionali, situazione che in questi anni caratterizza il lavoro della maggioranza degli architetti italiani, si può notare una maggiore attenzione alla “qualità” del progetto nell’architettura in Italia. La crisi dell’edilizia, intesa nella sua accezione speculativa, a causa di un crescente numero dell’invenduto, ha costretto gli operatori economici del settore a prestare maggiore attenzione ai plus valori dell’opera architettonica. Per cui si registra un calo della quantità del costruito ed un incremento qualitativo dell’opera architettonica. Inoltre, la necessità di recuperare il costruito, a causa dell’eccessivo consumo di territorio perpetrato negli anni passati, genera una sorta di recupero anche “estetico” di alcune zone delle città italiane attraverso operazioni di rifunzionalizzazione dell’esistente inutilizzato.

Quale ti sembra l’intervento più urgente nell’attuale sistema normativo e burocratico in un’ottica di semplificazione?
Certamente tutte le energie normative devono andare nella direzione della semplificazione e del controllo del processo autorizzativo. Il DDL Zanda sembra in gran parte mettere ordine a questo processo, anche se in qualche articolo non riesce ancora a scrollarsi di dosso un sistema che nega, per sua stessa natura, la qualità del progetto (penso al codice appalti, nello specifico ai criteri per la scelta dell’offerta migliore). Inoltre è indispensabile rendere operativi i decreti attuativi del decreto Sblocca Italia, per ora si è fatto qualcosa solo per l’edilizia privata ma si dovrà ancora fare qualcosa per le infrastrutture, gli sconti di acquisto e le detrazioni fiscali. In ogni buon conto sembra esserci una volontà politica che va verso una direzione di buon senso. Vedremo.

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Quanto è importante l’attenzione per il rispetto dell’autenticità culturale del luogo nel tuo lavoro di progettazione?
L’approccio progettuale che abbiamo sempre avuto è caratterizzato dall’attenta osservazione del contesto. I materiali della progettazione sono il territorio ed il paesaggio, il contesto naturale e quello antropico. Esattamente da questi aspetti nascono i materiali della progettazione, sia quelli fisici che quelli concettuali. L’arte di lavorare questi materiali è anch’essa appartenente al luogo. Ad esempio, le case di terra cruda, che si trovano nella porzione collinare del territorio teatino, sono un prodotto generato dalla facile reperibilità di materia prima, dalla tecnica tramandata da generazioni e dalle esigenze dell’abitante del luogo. Io credo molto nella costruzione “a km zero”.

Qual è il prossimo progetto, il sogno nel cassetto, l’aspirazione più grande?
Io sogno di progettare un rifugio appenninico. Vivendo in Abruzzo, sono da sempre affascinato dalla trasformazione antropica che il paesaggio ha subìto. L’Abruzzo è terra di pastorizia e di pesca. L’uomo che l’ha vissuta ci ha lasciato in eredità un paesaggio pieno di manufatti come i trabocchi o le pajare che rappresentano un perfetto connubio tra estetica e funzione. Sono essenziali; tutto ha senso e non c’è spazio per gli orpelli. Una progettazione che attraverso una funzione legata all’uso del territorio, disegna ed armonizza il manufatto architettonico fino a farlo divenire una porzione di paesaggio. Dato che è questo a cui miro, mi piacerebbe confrontarmi con un tema che richiede di essere essenziale, in cui non manchi nulla di ciò che è indispensabile, concentrato sul “dove sei e a cosa serve”. Comportandosi in questo modo sarà più facile progettare una buona architettura.

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