Paolo Robazza

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Paolo Robazza, architetto, 38 anni, vive e lavora a Roma, presso BAG (Beyond Architecture Group), lo studio attivo nell’ambito dell’architettura sostenibile, da lui fondato nel 2009. La sua formazione si è però realizzata a Venezia presso l’Università IUAV.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi: nel 2007 il primo premio al concorso internazionale di progettazione “Premio Portus” con la riqualificazione del lungomare di Monopoli, Puglia; nel 2008 il terzo premio al concorso internazionale per la progettazione del nuovo cimitero di Ceglie Messapica, Puglia, e il secondo premio al concorso internazionale per la progettazione del nuovo parco nell’ex area campo missili di Gravina in Puglia; nel 2009 è stato premiato al Concorso di progettazione della nuova piazza del Duomo a Cerignola, Foggia, e al concorso internazionale per la progettazione di Place Florence a Fes, Marocco; infine nel 2012 ha ricevuto il primo premio al concorso internazionale di progettazione Ecoluogo 2012, organizzato dal Ministero dell’Ambiente.

L’Italia è un luogo fertile per lo sviluppo dell’architettura? Pensi che esista un luogo ideale per la tua professione?
Purtroppo l’Italia è un contesto difficile per noi architetti. Il settore è in forte crisi e gli architetti sono troppi. Infatti molti colleghi stanno emigrando o cambiando settore.
Per il nostro specifico settore relativo alle strutture in legno e paglia, ci troviamo in una situazione ambivalente: da un lato la fatica di esplorare per primi un settore che non ha ancora visto una diffusione nel mercato e quindi una preparazione adeguata da parte delle imprese specializzate, dall’altro lato la possibilità di essere tra i pochi – per ora – ad essere in grado di rispondere alle richieste di questo mercato di nicchia.

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In cosa è differente lo sguardo di un giovane architetto da quello dei suoi maestri?
Forse oggi c’è un ritorno all’aspetto pratico, ai bisogni della gente. I giovani hanno sempre più bisogno di esperienze pratiche, di entrare in contatto con la materia.

Nella “carta d’identità” di Bag c’è l’attenzione per la sperimentazione di tecnologie innovative, riprendendo tecniche tradizionali e sviluppando soluzioni di design che consentono un elevato risparmio energetico e benessere dell’abitare. Perché questa scelta?
Pensiamo che le tecnologie tradizionali, il loro riadattamento ai nostri tempi, l’uso di materiali naturali permettano di avvicinarsi sempre di più ai bisogni reali della gente.

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Quali sono le sperimentazioni che lungo il tuo percorso si sono rivelate vincenti con un occhio sul futuro dell’architettura?
Sicuramente tutta la nostra esperienza sulle costruzioni in paglia è la nostra sperimentazione più importante. In ogni cantiere valutiamo soluzioni nuove, evolviamo con la tecnica. Non c’è molta letteratura sull’argomento e quindi spesso ci dobbiamo inventare dettagli costruttivi completamente nuovi e sperimentali.

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Quali sono i nuovi materiali che secondo te hanno più potenzialità?
I materiali che, secondo me, sono destinati ad avere sempre sempre più spazio nell’architettura sono tutti i materiali naturali: legno, calce, terra, paglia, bambù. Come potete vedere non si tratta di “nuovi” materiali. Sono tutti ampiamente utilizzati dall’uomo del passato per costruire. Ora si tratta di trovare forme nuove di utilizzarli.

Come si coniugano la progettazione rivolta a soddisfare le nuove esigenze del presente e la tutela delle testimonianze del passato, siano esse opere importanti o semplicemente brani di città storica, espressione di antiche culture artigianali del costruire?
Di recente stiamo lavorando sui trulli in puglia, un patrimonio  storico importantissimo. Per fare ciò ci stiamo rivolgendo a maestranze locali che da generazioni costruiscono trulli. Insieme alla loro esperienza riusciamo a preservare il patrimonio e nello stesso tempo a trasformare il trullo in una struttura che risponda ai requisiti dell’abitare contemporaneo. La commistione tra tradizione e modernità a volte può permettere di esplorare nuovi interessanti percorsi.

In fase di creazione/progettazione per te c’è una dicotomia tra estetica e funzionalità, o le cose camminano di pari passo?
Oggi il tema più importante relativo alla funzionalità in architettura è quello della sostenibilità. Se un edificio funziona significa che costa poco in bollette. E questo è importante. Ma non può essere l’unica attenzione del progettista. Questa tendenza si deve trasformare in linguaggio architettonico, l’attenzione al risparmio energetico deve diventare una cosa talmente naturale e spontanea da diventare un nuovo linguaggio dell’architettura contemporanea.

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Il progetto EVA, realizzato da Bag, ha appena ricevuto una Menzione Speciale al Premio AAA 2015. Ci dici qualcosa di più sul progetto e perché è stato premiato?
Il progetto EVA, il villaggio costruito dopo il sisma aquilano del 2009, è stato un progetto complesso perchè ha cercato di affrontare l’emergenza con un metodo partecipativo e in autocostruzione.
Spesso gli interventi di ricostruzione, soprattutto sui grandi numeri, hanno un approccio di imposizione dall’alto delle soluzioni. Noi, facilitati anche dalla ridotta dimensione del progetto, abbiamo cercato di coinvolgere gli abitanti fin dalla fase di progettazione. In questo modo le case per loro hanno significato molto più che un alloggio. Penso che il premio sia dovuto a questo, al valore sociale che il progetto rappresenta. È un riconoscimento allo sforzo enorme che è stato fatto da tutti per realizzarlo.

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