I cambiamenti degli ultimi anni spingono a perseguire una nuova pratica edilizia, quella del riuso e del ripristino
In Italia quasi la metà del patrimonio edile è stata realizzata a partire dagli anni del boom economico, a cavallo tra il 1946 e il 1980 (dati ISPLORA). Ciò significa che oggi questi edifici sono arrivati al termine del loro ciclo di vita e non sono adeguati in termini tecnici, spaziali e funzionali.
Negli ultimi anni, inoltre, si è sviluppata una maggiore sensibilità all’ambiente e alla sostenibilità. La ricerca pubblicata da JLL, “Decarbonising the Built Environment”, dichiara che il 78% delle persone desidera abitare spazi “più attenti al pianeta“, cioè edifici in grado di promuovere il benessere, l’inclusione e il rispetto tra uomo e ambiente.
Se è vero che il settore immobiliare si sta popolando di nuovi edifici healthy e smart, è anche vero che la maggior parte delle costruzioni nel nostro Paese ha un valore storico e culturale che non può essere ignorato.
Da un lato si tratta di strutture che devono essere preservate per le generazioni future, ma dall’altro è necessario che siano adattate ai nuovi standard ambientali dell’Agenda 2030.
La strada della demolizione non sembra praticabile: smantellare un edificio e ricostruirlo da zero comporta elevate emissioni di carbonio, pari fino al 50% del totale delle fughe sviluppate dallo stesso impianto nel suo intero ciclo di vita.
Il modo più corretto e salutare di procedere è allora quello della riqualificazione e del riuso circolare delle strutture, secondo un approccio di retrofitting.
Cosa si intende per retrofit
Il primo significato attribuito al termine retrofit nell’Oxford English Dictionary recita: “Fornire (a qualcosa) un componente o una funzione non in dotazione in origine; per aggiungere (al componente o alla funzione) qualcosa che non aveva quando è stato costruito per la prima volta”.
Si tratta di una modifica per ottenere una versione aggiornata di una macchina, un apparecchio o un sistema, così da rispondere alle nuove produzioni e alle esigenze di mercato.
In campo architettonico si parla di retrofit per identificare una serie di pratiche legate alla rigenerazione del tessuto edilizio esistente e pone l’accento sulla sostenibilità energetica ed economica di tutto il percorso progettuale.
Al di là del restauro e della ristrutturazione, il retrofitting è una metodologia che può essere applicata ad ogni progetto, in una scala che va dal singolo edificio o blocco fino ad interi quartieri e città. L’obiettivo di questo approccio, infatti, è quello di contribuire a ridisegnare il futuro delle aree metropolitane.
Rendere casa sostenibile con il retrofitting
Secondo il Sustainability Code elaborato da Tétris, azienda leader nel Design&Build, è possibile rendere sostenibile qualsiasi struttura indipendentemente dallo spazio e dal budget a disposizione.
Sebbene la richiesta di edifici sostenibili sia in aumento, l’offerta di costruzioni eco-friendly è ancora indietro e la riqualificazione in ottica retrofit è un’ottima soluzione per limitare l’impatto ambientale degli edifici.
Le tecniche di retrofitting si basano sul principio delle “tre R” (ridurre, riutilizzare, riciclare) e promuovono il miglioramento dell’impianto energetico dell’edificio, ma puntano anche all’uso efficiente degli spazi, dei materiali sostenibili e delle tecnologie più avanzate.
Questi accorgimenti, effettuati in fase di progettazione, possono ridurre l’impronta di carbonio prodotto e di conseguenza i costi della struttura.
Le attività identificate dal Tétris Sustainability Code sono raggruppate in sette macrocategorie, ovvero luce, comfort, acqua, aria, natura, arredi e materiali. Tra gli interventi di retrofitting individuati, quelli più comuni propongono di:
- realizzare facciate in vetro fotovoltaico per ridurre l’uso delle fonti di energia tradizionali. Installati nelle facciate e nelle finestre, questi pannelli di vetro integrati a celle solari permettono di convertire la luce del sole in energia pulita e abbattere i costi energetici totali;
- ottimizzare i sistemi di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata (HVAC). Adeguare un impianto obsoleto migliora l’efficienza della struttura, minimizza i costi e aiuta a prevenire la Sindrome dell’Edificio Malato;
- ridurre il carbonio intrinseco dei materiali da costruzione, anche grazie al lavoro delle aziende impegnate a migliorare la sostenibilità delle loro catene di approvvigionamento;
- usare materiali che assorbono il carbonio per la moquette, gli elementi isolanti e gli arredi;
- impiegare di materiali che possono essere riconvertiti alla fine del loro ciclo di vita, in un processo di produzione circolare. Questi materiali “di seconda mano” hanno meno carbonio intrinseco e posso migliorare l’impronta di un progetto di ristrutturazione;
- ricorrere alla tecnologia digital twin, un software che replica virtualmente un edificio per simulare scenari utili a efficientare l’impianto e ridurre l’impronta di carbonio;
- progettare design ottimali. Studiare i diversi elementi che compongono uno spazio e il modo di interagire tra loro consente di migliorare la sostenibilità complessiva.
Secondo Tétris la domanda di edifici a zero emissioni sta crescendo rapidamente e il 70% delle organizzazioni sarebbe propensa anche a pagare maggiori costi di locazione o acquisto pur di occupare un edificio sostenibile. In questo scenario il retrofit si presenta come una soluzione ideale ed efficace, “sempre più cruciale – come spiega Philippe Sourdois, Managing Director di Tétris Italia – non solo per ridurre i rischi e attrarre investimenti, ma per dare forma ad un ambiente costruito che possa sostenere le persone a lungo nel futuro”.