Davide Cammarata

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Davide Cammarata, 44 anni, divide il suo lavoro tra Palermo e Caltanissetta. Ha conseguito la laurea presso l’Università degli Studi di Palermo.
Nel 2006 ha vinto il Premio EXPA, sicialiarchitettura – architettura contemporanea in Sicilia; nel 2007 il Premio Quadranti di Architettura; nel 2008 è stato selezionato per la biennale giovani architetti italiani di Pontedera (Pi); nel 2009 per la seconda volta il Premio Quadranti di Architettura e il Premio di Architettura Ance Sicilia, oltre ad essere selezionato per la partecipazione all’evento “11 per 11” organizzato
dall’Associazione Culturale Spazi Contemporanei di Catania.

 

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Che cosa significa vivere questa professione tra Palermo e Caltanissetta? In generale pensi che la Sicilia sia il posto giusto per il lavoro di un giovane architetto come te?
Significa vivere ai margini, isolati come è giusto che siano gli isolani (non è detto che sia una condizione negativa). In generale penso che la politica venga prima dell’architettura e che l’architettura, intesa come gestione del territorio e delle città, è lo specchio che ne riflette l’immagine.

Qual è il progetto della tua carriera di cui sei, al momento, più soddisfatto?
I progetti di trasformazione e riqualificazione delle case in stile neo-abusivo in intenzioni di architettura mi hanno, momentaneamente, soddisfatto.

In cosa è differente lo sguardo di un giovane architetto da quello dei suoi maestri?
I grandi maestri come le grandi opere sono sempre contemporanei, non è un problema di età o di epoche.

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Hai un modello a cui fai riferimento? Ci indichi un architetto nonpiù in vita e uno ancora in vita che ti piacciono particolarmente e perché?
Mi date l’occasione di ricordare Gianni Carpintieri, un maestro e un amico che non c’è più. Nella sua vita è stato illustratore per vocazione, disegnatore meccanico per necessità e di mestiere architetto. Mi piacciono gli architetti che rinunciano alle invenzioni formali, che controllano il dettaglio e l’insieme del progetto. Quelli che con il loro talento e la loro disciplina trasmettono anche il proprio immaginario interiore superando il solco del mero tecnicismo.

Quanto è importante l’attenzione per la cura dell’ambiente nel tuo lavoro di progettazione?
L’architettura o è buona oppure è ordinaria. L’edilizia non pensata, rivestita di pannelli solari e rampicante sui muri alla moda rimane quella che è: pessima.
Il progetto è di per sè etico. L’etica, se venisse presa sul serio, sarebbe molto più vincolante di tutte le “stupide” norme che distrugguno il bello e l’ambiente.

E come si sposa l’attenzione per l’ambiente con l’innovazione nei tuoi progetti?
Credo di avere gia risposto: con l’etica. Lo scopo di un progetto, banalmente, è quello di individuare il vero bene (inteso come benessere) per l’uomo e quali mezzi sono più idonei per conseguirlo. È trasmettere che l’idea di bellezza non risiede nelle somiglianze figurative o nella ordinarietà delle costruzioni compatibili con l’idea di paesaggio e di ambiente ordinario dei piani urbanistici.
Bellezza, è prendersi cura delle cose, degli uomini e delle donne, e più in generale, della vita che l’architettura dovrebbe addomesticare.

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Quali sono i materiali “tradizionali” che secondo te hanno più potenzialità guardando al futuro dell’architettura, mi riferisco all’ambito del benessere abitativo e della salubrità degli ambienti in
genere?

Oggi le industrie mettono a disposizione molti materiali performanti in termini di sostenibilità e danno un contributo enorme anche nel campo dell’impiego dei materiali cosiddetti tradizionali (pietra, legno, ceramica). Ma non bisogna tralasciare le qualità come la lucentezza, la trasparenza, l’opacità, la tattilità, la facilità di reperimento, ecc.

In fase di creazione/progettazione per te c’è una dicotomia tra estetica e funzionalità, o le cose camminano di pari passo?
Il luogo, il programma funzionale, il budget, la burocrazia, la diffidenza del committente, incidono sulla strategia e sul risultato di un progetto. La forma non è stabilita a priori, essa, è sempre il risultato di un processo complesso che deve sfociare nel naturale piacere dell’uso, tralasciando l’attrito e la fatica. Deve generare l’evento.
Quando il lavoro compiuto, sopporta l’errore o qualunque forma di intrusione, quello è certamente un buon progetto.

Quanto credi sia utile la collaborazione tra progettista e aziende produttrici nell’ambito dell’ottimizzazione dei materiali adatti a realizzare nuove costruzioni o ristrutturazioni di immobili a latitudini “critiche” come quelle siciliane?
Credo sia fondamentale soprattutto in un’epoca di grandi trasformazioni tecnologiche come la nostra.

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