Il terremoto in Myanmar, anche se molto distante da noi, ci ricorda di non sottovalutare il rischio sismico. Ancora oggi, nel nostro Paese, quasi 50 milioni di persone vivono in zone vulnerabili
L’assenza di una progettazione adeguata, la mancanza di investimenti, la carenza di personale qualificato e anche la crisi politica hanno esasperato le conseguenze del terremoto in Myanmar.
Il sisma, che ha colpito il Paese lo scorso 28 marzo, ha registrato una magnitudo di 7.7 della scala Richter. Il bilancio finale, dalle fonti ufficiali, è di 3.354 vittime, 4.508 feriti e oltre 500 edifici distrutti.
Nonostante la grande distanza dal nostro Paese, l’evento ha sollevato diverse domande in merito alla sicurezza sismica in Italia. Tra questi interrogativi c’è quello posto dall’ISI, Ingegneria Sismica Italiana: “La mia abitazione sarebbe in grado di resistere a scosse così forti?”.
Proviamo a dare una risposta, analizzando prima alcune premesse.
Indice
Specificità dei terremoti in Myanmar
Il Myanmar è notoriamente un’area ad alto rischio sismico. Negli ultimi cento anni, infatti, il Paese ha già osservato 6 terremoti di magnitudo pari o superiore a 7:
- 1912, magnitudo 7.9;
- 1931, magnitudo 7.5;
- 1946, magnitudo 7.3 e 7.7;
- 1976, magnitudo 7.0;
- 1991 e 2012, magnitudo 6.9.
Come abbiamo spiegato in un altro articolo, il Myanmar si trova sopra la faglia di Sagaing, una delle più attive del Sud-Est asiatico. Questa è lunga circa 1.200 km e fa parte di un insieme di faglie che consente alla placca Indiana di scivolare e collidere con quella Euroasiatica, causando il sollevamento della catena himalayana.
La frequenza di eventi sismici di elevata magnitudo rende la Regione particolarmente vulnerabile. Eppure, il patrimonio edilizio e la qualità delle costruzioni varia molto da zona a zona, con una combinazione di edifici storici e strutture moderne.
Nelle aree rurali le abitazioni sono spesso costruite con materiali meno resistenti. Nelle grandi città, invece, gli edifici sono più robusti, ma non sempre rispettano gli standard antisismici attuali.
Ciò che serve in Myanmar è una corretta pianificazione sismica, che il Paese al momento non riesce a sviluppare (anche a causa dell’instabilità politica). Per citare ancora l’ISI, infatti, “non è il terremoto a causare vittime, ma il crollo di strutture non adeguatamente progettate per resistere alle scosse”.
Myanmar e Italia: un confronto
Il terremoto in Myanmar è stato 300 volte più forte di quello di Amatrice nel 2016, che registrò una magnitudo di 6.0. Ricordiamo che la magnitudo misura su una scala logaritmica (la scala Richter) la quantità di energia liberata dal sisma all’ipocentro della Terra, dove si verifica la rottura delle faglie. Ogni punto decimale di magnitudo corrisponde quindi a un incremento di energia di circa 30 volte.
Come ha osservato Giulio Di Toro, Vice Presidente della Società Geologica Italiana, il Myanmar ha una rete sismica poco densa rispetto alla nostra e ciò non consente di avere delle informazioni complete e precise.
Tuttavia, dal punto di vista geologico, le differenze tra Myanmar e Italia sono significative e possiamo elencarle come segue:
- le velocità massime di deformazione nella nostra penisola raggiungono complessivamente i 4-5 mm/anno, contro i 40 mm/anno circa del Myanmar;
- i sismi italiani avvengono in faglie che consentono movimenti di 1.0-1.5 mm/anno al massimo; la faglia di Sagaing, invece, di 20 mm/anno;
- i tempi di ritorno di un terremoto sulla stessa faglia in Italia variano generalmente tra i 500 e i 5.000 anni. Nella faglia di Sagaing i tempi di ritorno sono di 200-400 anni: questo significa che la frequenza dei terremoti è più alta in Myanmar.
Infine, la nostra penisola è attraversata da un fitto reticolato di faglie e, per questo, ognuna di esse supera raramente i 100 km di lunghezza. La faglia di Sagaing, invece, è lunga 1.200 km. Per via di queste caratteristiche, è difficile che i terremoti più forti in Italia abbiano una magnitudo sopra 7.3-7.4; nella penisola del Myanmar, invece, ciò rende possibili sismi di magnitudo 7.0 e oltre.
Lo scenario italiano
Torniamo alla domanda sollevata dall’ISI: “La mia abitazione sarebbe in grado di resistere a scosse così forti?”.
I dati riportati dalla stessa associazione affermano che circa il 70-75% del nostro patrimonio edilizio è stato realizzato in assenza di criteri antisismici. Seguendo una suddivisione per periodi di costruzione, il parco immobiliare nazionale risulta diviso in questo modo:
- il 18% edificato prima del 1919;
- il 12% tra il 1919 e il 1945;
- il 33% tra il 1946 e il 1971;
- il 18% tra il 1972 e il 1981;
- il 12% tra il 1982 e 1991;
- il 7% realizzato dal 1992 a oggi.
In più di un’occasione abbiamo ricordato quanto il nostro Paese sia vulnerabile al rischio sismico. Solo nel 2024, la Rete Sismica dell’INGV ha registrato 16.826 scosse, in media 46 al giorno. Anche se nella maggior parte dei casi sono state osservate lievi intensità, oltre 2.000 eventi hanno superato la magnitudo 2.0 e sono stati potenzialmente avvertiti dalle varie comunità locali.
In diverse zone, il nostro Paese è ancora impreparato ad affrontare il rischio. 48 milioni di italiani vivono in 11 milioni di edifici (e 17 milioni di abitazioni) nelle aree di pericolosità sismica 1, 2 e 3.
Ancora oggi è fondamentale parlare di prevenzione e diffondere buone pratiche di costruzione. La tecnologia è dalla nostra parte: attualmente, per alcuni terremoti, bastano appena 2 minuti per avere una stima della posizione dell’epicentro, della profondità e dell’intensità della scossa.
Il terremoto in Myanmar ci ricorda quanto il rischio sismico sia una realtà da non sottovalutare. Nonostante una geologia diversa e normative più evolute, gran parte del nostro Paese resta vulnerabile. Investire nella prevenzione, migliorare la cultura della sicurezza e adottare criteri costruttivi antisismici è una questione tecnica, ma soprattutto una priorità sociale. Imparare dalle catastrofi lontane significa costruire un futuro più sicuro, anche in Italia.
Fonti:
- ISI, “Myanmar. Il terremoto lo conferma tragicamente: le vittime non sono causate dalla scossa, ma dalla fragilità degli edifici”;
- Società Geologica Italiana, “Terremoto in Myanmar – riflessioni della Società Geologica Italiana! Bisogna agire in tempi rapidi, prima delle piogge monsoniche!”;
- Greenreport.it, “Nell’ultimo anno in Italia ci sono stati 16.836 terremoti, il più forte in Calabria”.